Luigi Leoni, il raffinato alieno del cinema italiano



Il “sabin cortese” si racconta


Per lui il talento attoriale è un “brio interiore”.
E l’arte della recitazione è un esercizio di entusiasmo cosmico, che “ti fa abbracciare un pianeta con tutti i suoi viventi”.  Non poteva non essere fortemente impregnata di spiritualità la visione dell’ars scaenica di un aspirante prete come Luigi Leoni, presenza allampanata ed elegante distribuita quasi sempre in formato-cameo in più di trenta film del cinema italiano, dal 1958 all’88. Nella sua filmografia un percorso completo della settima arte di casa nostra nel dopoguerra, dal neorealismo comico alle co-produzioni internazionali, passando per la commedia erotica e di costume: un percorso compiuto quasi come un alieno misterioso e aristocratico, in missione a Cinecittà per conto dell’Actor’s Studio e dell’accademia Sharoff. Eppure, a quest’alieno sarebbe bastato appena qualche minuto in più per poter dar vita con più frequenza a icone di assoluto interesse, come il maestro di scuola in "Pinocchio". Alzi la mano chi ha visto lo sceneggiato e non lo ricorda.
Leoni, avrebbe mai sognato di interpretare il maestro in vita sua?
Credo di no. Non ho mai aspirato a fare l’insegnante di professione. Trovo sia molto nobile insegnare in senso lato, ma in realtà non sono mai riuscito a vedermi dietro una cattedra.
Quanto conosceva Pinocchio come romanzo prima di interpretare lo sceneggiato di Comencini? Le era piaciuto?
Più che piaciuto, Pinocchio mi ha incuriosito. E ciò che mi ha incuriosito di più è il processo creativo che porta un pezzo di legno a diventare una creatura vivente, miracolo dell’arte di un falegname. Geppetto riesce a dare un’anima al suo burattino, che è fatalmente un’anima buona, gentile, in balia delle insidie del mondo e delle cattive compagnie.
E se non avesse fatto il maestro, le sarebbe piaciuto fare proprio Geppetto?
Forse sì, con la mia sensibilità però.   
In generale, come fu la sua esperienza in quello sceneggiato?
Tutto sommato positiva. Mi sono trovato a mio agio lavorando a braccetto con la fata (Gina Lollobrigida, ndr) e col bambino Pinocchio (Andrea Balestri, ndr), che ricordo come un ragazzo buono, gentile, ma spesso irrequieto anche perché tempestato di cattiverie dagli altri bambini sul set. Di Manfredi (Nino Manfredi,  l’interprete di Geppetto, ndr) non amavo le inflessioni dialettali, che sono molto lontane dal mio stile.  
E di Lucignolo, che ricordo ha (interpretato nello sceneggiato da Domenico Santoro,ndr)?
Un ragazzo abbastanza distaccato, davvero l’ombra oscura alle spalle di Pinocchio. Belloccio neppure troppo; uno dei tanti, piuttosto.

Leggete il resto dell'articolo su http://www.notizienazionali.net/notizie/interviste/16679/luigi-leoni-il-raffinato-alieno-del-cinema-italiano.

Commenti

Post popolari in questo blog

Maurizio Nichetti: i segreti di "Quo Vadiz?"

De Leonardis: doppiatori, che gente